Siamo tutti (potenzialmente) bisessuali?

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    Siamo tutti (potenzialmente) bisessuali?



    pttwLU

    Era da un po' di tempo che mi ripromettevo di raccogliere l'appello di AUT riguardo alla bisessualità, ma solo recentemente, durante la presentazione di un saggio di piscologia sull'omosessualità, la questione dell'intolleranza verso le persone bisessuali mi è balzata per l'ennesima volta agli occhi. Infatti, lo psichiatra autore di questo libro che 'discolpa' gli omosessuali nel bene e nel male - lui stesso è gay, d'altronde - ha parlato della bisessualità in termini di libertinaggio e basta. Per questo autore, per esempio, una persona che ha sempre condotto relazioni eterosessuali e all'improvviso si innamora di un altro uomo o di un'altra donna ha scoperto il suo vero io, e quella che viveva prima era una sessualità falsa. Quando una ragazza tra il pubblico ha obiettato che le esperienze continuano a formare l'individuo anche dopo l'imprinting dell'infanza e che quindi scoprire una nuova, altrettanto autentica sessualità può essere legittimo, l'autore non ha saputo trattenersi dal gridare: "Ah, no, scusa, io non diventerò mai eterosessuale!", come se una condizione debba necessariamente escludere l'altra.

    Poi, parlando con amici gay presenti al dibattito, mi sono reso conto che anche loro sono fautori di questo stesso pregiudizio. Un esempio lampante di questa discriminazione lo avevo già avuto allo stand del villaggio GLT alla Fiera dell'Unità di Genova, quando mi si fece notare che la B di bisessuali era stata volontariamente censurata perché "i bisessuali non esistono" . E io allora? A quanto pare, il fatto di ritrovarmi ora sentimentalmente legato a un altro uomo mi confina tra i gay. Questo nonostante io insista nel definirmi pubblicamente bisessuale, e nonostante in passato abbia avuto esclusivamente rapporti eterosessuali. Succede comunque anche a chi fa il passaggio contrario. Tempo fa, un amico mi raccontava quanto fosse improvvisamente malvisto nell'ambiente omosessuale perché, dopo anni di militanza gay, aveva incontrato una donna che lo aveva fatto innamorare e l'aveva sposata. E nonostante il suo impegno nelle associazioni continuasse ed egli fosse del tutto intenzionato a mantenere i rapporti con i vecchi amici, non poté scampare l'etichetta infamante di traditore. Il suo sentirsi prevalentemente gay anche dopo il matrimonio appariva come una contraddizione in termini.

    Insomma, per i gay più che per gli eterosessuali, almeno secondo la mia esperienza, è molto difficile immaginare di poter vivere la propria sessualità senza barriere legate al genere di appartenenza del partner. Eppure è proprio quello che i movimenti gay si sono sempre auspicati sin dalla loro nascita. Che ne è della bisessualità congenita descritta per primo da Freud, di quel 'siamo tutti bisessuali' con cui ognuno di noi, almeno in parte, concorda?

    Azzardo una ipotesi.

    La sfera della sessualità è fortemente influenzata da tutti gli aspetti culturali e sociali relativi all'ambiente in cui si vive. Lavorando con persone con sindrome di Down, che per la loro particolare condizione risentono in maniera diversa e per certi versi minore delle convenzioni sociali e culturali, ho potuto notare che nella maggioranza dei casi la loro sessualità non ha un indirizzo chiaro ed univoco ma si rivolge indifferentemente a uomini e donne. Nella bilancia dell'attrazione fisica, l'ago non è attratto verso un sesso anziché l'altro, ma piuttosto verso la simpatia e l'affetto che quell'uomo o quella donna suscitano. Mi è sembrato di notare poi che quando la sessualità sia invece orientata in senso eterosessuale, ciò succeda per un mero fenomeno imitativo, di adesione al ruolo sessuale tradizionale. L'identità di genere, della quale i Down con cui ho lavorato erano fortemente consapevoli, appare al contrario sempre statica - ameno che non esista uno specifico problema al riguardo.

    Secondo il mio punto di vista, tutti noi partiamo da un ventaglio di possibili indirizzi sessuali e da una predisposizione, non saprei dire se naturale o indotta, a essere attratti da un genere in particolare. Col tempo l'indirizzo sessuale diventa sempre più chiaro sulla base dell'esperienza e si fa univoco nella maggioranza dei casi. Questa univocità è però la critallizzazione di un processo che dovrebbe essere in continua evoluzione. Le persone eterosessuali, forti della legittimità della loro condizione e non trovando esempi alternativi nel tradizionale nucleo familiare, sono poco portati ad ascoltare e tanto meno a esplorare le diverse potenzialità della propria sessualità. Diversamente, le persone gay hanno intrappreso un percorso che le ha portate a confrontarsi con il modello sessuale più diffuso.

    Ammettendo che siamo tutti bisessuali - come ammettiamo che in ognuno di noi convivono parti maschili e femminili - se da una parte gli eterosessuali sono ostacolati nell'espressione di una sessualità libera dall'intolleranza sociale verso modelli di comportamento che differiscono da quello canonico, i gay - che da questa intolleranza devono difendersi - non solo si costruiscono un'identità-scudo personale, ma anche aderiscono a una identità omosessuale di gruppo che fortifica la propria identità individuale. Una minoranza ha sempre molta più coscienza di sé rispetto alla maggioranza: in altre parole, la sensazione di appartenere ad un gruppo è molto più forte nei gay che negli eterosessuali e questo fa sì che si creino grandi resistenze verso la sola idea che il proprio orientamento sessuale possa cambiare, perché questo significherebbe perdere la propria identità.

    I bisessuali rappresentano in concreto questa possibilità e sono visti perciò con estremo sospetto sia da un alto che dall'altro. L'insofferenza nei loro confronti viene giustificata dall'accusa di comportamento promiscuo (per altro comune a etero e omosessuali) e da una loro presunta incapacità a saper scegliere con coraggio la propria strada. Sono visti come gay o lesbiche repressi/e, che fanno soffrire i "veri" gay e le "vere" lesbiche con cui intessono relazioni. Inoltre la bisessualità viene spesso fraintesa: per molti significa avere rapporti contemporaneamente con uomini e con donne. Sebbene questa situazione si possa certo verificare, definire la bisessualità in questo modo è estremamente riduttivo. La bisessualità è anche e soprattutto amare l'altra o l'altro a prescindere dal suo sesso anatomico, è essere attratti dalla persona e non dal suo genere. In realtà sarebbe più corretto usare il termine "pansessuale" per indicare l'attrazione indifferenziata verso tutti i sessi oltre a quelli maschile e femminile e la disponibilità verso tutte le infinite varianti delle espressioni sessuali.

    Dire che la bisessualità non esiste equivale a dire che non esiste l'omosessualità e non esiste l'eterosessualità: quanti gay ho sentito affermare quest'ultima frase! In realtà ogni gruppo sostiene che non esiste ciò che non ha mai sentito e provato.

    Oggi i giovanissimi che si accostano alle associazioni hanno meno problemi a definirsi potenzialmente bisessuali, perché mentre le censure cadono e le intolleranze verso chi è diverso si affievoliscono, essi hanno sempre meno bisogno di farsi scudo di quell'identità omosessuale di gruppo. Non sentendo più così forte l'esigenza di difendere il diritto a una sessualità diversa, hanno meno remore a prospettarsi alternative, a immaginare il proprio partner come una persona e non più solo come mero esponente di uno dei due sessi tradizionali.

    La bisessualità è dunque politicamente una conquista del movimento omosessuale e come tale dovrebe essere rivendicata dagli stessi gay.

    di D. Tolu
    (da AUT, periodico del Circolo Mario Mieli, novembre 2001)
     
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    Sono perfettamente d'accordo sul fatto che le esperienze continuino a formare l'individuo e penso che ciò che siamo oggi, non è detto che lo fossimo ieri, così come non è detto che lo saremo domani
     
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